Ripresa in rosa

Penalizzate dall’emergenza e dalla crisi, le donne auspicano opportunità, stimoli, con uno sguardo al futuro
 
E’ questo il mese tradizionalmente dedicato alla donna, con la ricorrenza particolare dell’8 marzo, ed anche all’inizio della stagione primaverile, che, mai come ora, si auspica porti benessere, leggerezza, e buoni auspici.
 
I numeri sul fronte dell’occupazione in rosa non sono però favorevoli: il 56% dei posti di lavoro persi per effetto dell’emergenza sanitaria è al femminile. L’ultima registrazione, relativa al III trimestre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, indica che sono 470 mila le lavoratrici italiane – spesso precarie - repentinamente uscite dal circuito occupazionale, senza immediate opportunità di reinserimento.
 
L’emergenza ha dunque delineato un balzo all’indietro sul fronte dell’uguaglianza di genere: in una situazione di crisi economica e di chiusura o riduzione delle attività produttive e di servizi, le donne sono state senza dubbio i soggetti più colpiti. Le motivazioni del fenomeno sono ben delineate: la presenza femminile è significativa in tutto il comparto turistico e del commercio, nel sistema ricettivo e ristorativo si registra l’88% di donne lavoratrici; sono proprio questi i segmenti più duramente colpiti da un lockdown, prolungato e a singhiozzo. I ridimensionamenti del personale sono inoltre risultati più penalizzanti per le figure dedicate alla cura della casa e dei figli, a lungo in difficoltà per la sospensione della scuola in presenza e l’impegno nella didattica online, da gestire contemporaneamente al lavoro agile.
 
Il tessuto imprenditoriale del nostro Paese, prevalentemente costituito da piccole medie imprese, e a diffusa presenza familiare, contribuisce, in questa fase, ad infragilire il sistema, e in qualche modo anticipa le decisioni che in una multinazionale sono più manageriali ed orientate al medio-lungo termine.
 
In Italia si stima, dunque, per l’anno 2021, una quota di donne decisamente ridotta nella forza lavoro, paragonabile ai livelli occupazionali degli anni ’90. Torna dunque ad ampliarsi il gender gap rispetto agli altri Paesi, che era stato parzialmente colmato dallo sviluppo economico e dall’iniziativa imprenditoriale dell’ultimo ventennio.
 
Si profila dunque la necessità urgente di un piano specifico e tutelante dell’occupazione e della professionalità al femminile: le signore guidano gli acquisti personali e familiari, sono portatrici di una prospettiva chiave rispetto alle esigenze, ai consumi, alla concretezza dei diversi mercati e settori di business.
 
L’esclusione delle signore dal mondo del lavoro impoverisce persone e famiglie ma anche le realtà aziendali, non garantisce il giusto mix di competenze specifiche e conoscenza del contesto.
 
Ci auguriamo dunque un’attenzione particolare delle istituzioni, nazionali e locali, per stimolare prospettive concrete e di lungo periodo e sviluppare nuove opportunità professionali, indipendenti dal genere, trasversali e meritocratiche.
 
 

Tratto da: Dentrocasa marzo 2021